in Racconto

Inverno senza neve

scritto da Elisabetta Ceroni

«Certo che se nevicasse sarebbe tutto diverso.»
Alzo lo sguardo dal mio piatto di minestra, la mano ferma a mezz’aria con il cucchiaio che gocciola.
«Cosa dovrebbe esserci, di diverso? A parte il pullman che ci mette mezz’ora in più, come se adesso…»
Mia madre ricambia il mio sguardo e sbuffa, si alza da tavola e porta il suo piatto vuoto nel lavabo.
«Va beh, Pietro, certo che ragionare già così alla tua età, con questo cinismo!» esclama, tornando a sedersi. Allunga una mano verso il pane, ne strappa un pezzo.

«Ci sarebbe più tempo. Ecco cosa sarebbe diverso» risponde. Si ficca in bocca la mollica di pane. Mia madre è molto bella, ma tutto il suo fascino evapora in un attimo mentre mangia, tant’è che è il momento in cui mi sento più a mio agio con lei, è come mangiare con i miei compagni di classe, con il nostro panino enorme e unto in mano, seduti sulla panchina a gambe larghe. Nessuna posizione composta, nessun rimprovero se mi sbrodolo, mangio con le mani, mi macchio d’olio o rovescio il vino, perché lei è molto più maldestra di me. Tranne ruttare. Quello proprio no. Una volta me n’è scappato uno e mi sono preso uno schiaffo in testa. Secondo lei mio padre non lo avrebbe mai permesso. «Se ci fosse tuo padre!» aveva detto. Mio padre? Ma lui, cosa avrebbe pensato, invece, del fatto che lei mangia l’affettato con le mani? Quando l’aveva portata a cena fuori, aveva fatto così? Ovviamente non avevo risposto in quel modo. Avevo soltanto ribattuto dicendo che di cosa avrebbe pensato mio padre non mi interessava affatto. Avevo risposto «non mi interessa», lo giuro, neanche avessi azzardato un «me ne fotto», ma mia madre mi aveva lanciato uno sguardo severo, deluso e umido di lacrime. «Vai nella tua stanza, sparisci» mi aveva ordinato. E io l’avevo fatto, senza aggiungere nulla. Discutere sarebbe stato inutile.

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